Il Volto dellˈAltro

Pubblicato giugno 8, 2020 di renatofeletti
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Sono sempre più atratto dai volti delle persone. I volti pieni e teneri dei bambini, che ti si specchiano davanti e vibrano in consonanza aprendosi al sorriso; i volti degli adolescenti che crescono impacciati a definirsi. Gli uomni maturi, precisi e stagliati; le ragazze nello splendore della giovinezza; le donne nella semplicità dello sguardo o nella raffinatezza equivoca; gli anziani, rigidi o teneri, chiusi in difesa o desiderosi di un saluto. Volti dai quali traspare il pensiero, il cuore, lˈanima. Volti che parlano del dramma della vita, della gioia e del tormento, della ricerca senza fine o del godimento effimero. I volti sono come la scia della barca sullˈacqua: conducono al largo e navigano in profondità. Spalancano allˈinfinito. Narrano storie e domandano il futuro. Anche quelli più opachi. Ogni volto è un riflesso, una linea, un accento. La persona è apertura, relazione, incontro. Tutta la realtà rimanda oltre se stessa. Le cose, i fatti, il passato e il presente si aprono a una trasparenza che fa vedere un di più, rivela una presenza, attende e domanda un compimento. La vita dellˈuomo si realizza nella scoperta di Colui che il cuore desidera e che la realtà contiene. Il suo Volto io lˈho visto, ne ho incrociato lo sguardo per tutte le strade, lˈho documentato nella memoria del cuore e non lo posso più dimenticare. Ancora e sempre lo vado cercando nella realtà. Lo guardo e domando di essere guardato. Il tuo Volto, Signore, io cerco.

(Angelo Busetto, Il volto dellˈAltro, pp. 13-14)

“Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”

Pubblicato Maggio 14, 2020 di renatofeletti
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Le vicende  che riguardano questa simpatica figura di giovane prete ungherese, barbaramente martirizzato, si collocano nel periodo oscuro della storia dell’Ungheria dopo il 1945. Costretta, per motivi militari e politici, a vivere nell’orbita pesante del regime comunista sovietico, al di là della cortina di ferro, l’Ungheria conobbe un momento di speranza e di liberazione nell’ottobre del 1956 con la rivolta guidata da Imre Nàgy, che mirava ad una politica più indipendente dal comunismo e più liberale. I carri armati sovietici repressero in maniera brutale quel  tentativo di apertura democratica ed instaurarono un regime ancora più oppressivo e persecutorio di quello precedente. L’ostilità si accentuò in modo particolare contro i cattolici e la Chiesa. Il nostro Janos Brenner, fu barbaramente assassinato la notte del 15 dicembre 1957, a 26 anni.   Era nato il 27 dicembre 1931, a Szombathely, una cittadina dell’Ungheria occidentale, non lontana dal confine con l’Austria. Apparteneva ad una famiglia della media borghesia. I genitori erano ferventi cattolici. Ebbero tre figli e tutti e tre si fecero sacerdoti. Inizialmente Janos era orientato a farsi religioso tra i Monaci Cistercensi presso i quali aveva frequentato le Scuole medie e Ginnasiali. Divenne novizio cistercense. Ma il Governo soppresse gli Ordini religiosi. In una forma di pratica clandestinità, Janos frequentò la teologia nella Accademia Teologica della Diocesi e venne consacrato prete diocesano di Szombathely il 19 giugno del 1955. Dedicò la sua prima predica di prete novello al tema che era stato e sarà il programma di tutta la sua vita: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”. Fu mandato come Vicario Parrocchiale a Rabàkethely, un piccolo paese sul confine austriaco. Fu una esperienza inebriante, piena di slancio e di felicità contagiosa. Aveva 24 anni. Quasi canzonandolo, la gente del paese che gli voleva bene e lo vedeva lavorare con gusto con i giovani e i ragazzi della parrocchia, scherzava su “quell’ eterno sorriso sul suo volto”. Ma non era una maschera: era il segno della sua adesione gioiosa alla sua vocazione e il segno del programma di vita spirituale che lo animava. Nel suo diario aveva scritto: “Questo è il colmo dei miei desideri: essere santo, essere benedetto e benedire anche gli altri”. E ancora: “Signore, tu sai che io non cerco la felicità in questa vita da quando ho messo tutto me stesso in Te”.   I fedeli ammiravano la sua cordiale e leale intesa con il suo parroco. Ma il regime comunista non poteva tollerare che la gioventù venisse sottratta al partito e indottrinata da un prete cattolico. E scatenarono tutta una campagna infamante contro di lui. Premettero presso il vescovo perché lo trasferisse altrove. Il vescovo lo chiamò e gli fece la proposta. E il giovane prete gli replicò: “Ma io non ho paura: resto qui volentieri”.  Amava la bicicletta e anche la moto. Tentarono di procurargli un incidente con dei tronchi di albero sulla strada, ma riuscì a cavarsela da accorto atleta. E allora l’odio divenne disegno omicida. La notte del 15 dicembre 1957 un giovane bussò alla canonica chiedendo che il prete portasse il viatico ad uno zio moribondo. Don Janos non ebbe esitazioni. Prese la stola,  l’ostia per la comunione  e partì nella notte.  Lo trovarono la mattina seguente straziato da una trentina di coltellate e con il cranio fracassato. Nella mano stringeva la teca con l’Eucaristia. Era riuscito a difendere dalla profanazione il Santissimo Sacramento. Una cosa che merita di essere rilevata: nell’immediatezza, il partito comunista fece correre la voce che si trattasse di un delitto passionale o di un tentativo di rapina. La verità sull’assassinio venne fuori con chiarezza molti anni dopo il fatto …. E allora si schiuse la via luminosa del martirio, affermata dal popolo fin dal principio. Don Janos fu dichiarato martire della fede, e beato dal papa Francesco. La proclamazione del martirio avvenne in Ungheria nella città di Szombathely, il 1° maggio 2018.         Mons. Mario Morellato

“Tocca a voi, sposi cristiani…”

Pubblicato Maggio 5, 2020 di renatofeletti
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“Tocca a voi, sposi cristiani, a voi, famiglie benedette dal carisma sacramentale; a voi fedeli di una religione che ha nell’amore, nel vero amore evangelico la sua espressione più alta e più sacra, più generosa e più felice, a voi riscoprire la vostra vocazione e la vostra fortuna; a voi preservare il carattere incomparabilmente umano e spontaneamente religioso della famiglia cristiana;  a voi rigenerare nei vostri figli e nella società il senso dello spirito che solleva al suo livello la carne.   San Giuseppe vi insegni come.   Noi oggi a tal fine insieme lo invochiamo”

  (Ulderico Gamba, Pensieri di Paolo VI, vol. I p. 467)